IL PRETORE
   Rilevato che il p.m. dott.  Vincenzo  Pedone  ha  chiesto  che  sia
 sollevata  questione  di incostituzionalita' dell'art. 3 del d.-l. 17
 settembre 1994, n. 537, che sostituisce come segue l'art.  21,  terzo
 comma,   della   legge  10  maggio  1976,  n.  319  "fatte  salve  le
 disposizioni  penali  di  cui  al   primo   e   al   secondo   comma,
 l'inosservanza  dei  limiti  di  accettabilita'  di  cui alle tabelle
 allegate alla  presente  legge,  ovvero  di  quelli  stabiliti  dalle
 regioni,  ai sensi dell'art. 14, secondo comma, nei rispettivi limiti
 e modi di applicazione,  ovvero  di  quelli  specifici  eventualmente
 prescritti  in  sede  di  rilascio  dell'autorizzazione o di modifica
 della stessa, ove non costituisca reato o circostanza  aggravante  di
 altro  reato  connesso, e' punita con la sola sanzione amministrativa
 pecuniaria  da  L.  3  milioni  a  L.  30  milioni,   salvo   diversa
 disposizione  della legge regionale". In deroga a quanto previsto dal
 terzo comma, per  gli  scarichi  diversi  da  quelli  provenienti  da
 insediamenti  abitativi  o  adibiti  allo  svolgimento  di  attivita'
 alberghiera, turistica, sportiva, ricreativa, scolastica e sanitaria,
 in  caso  di  superamento,  in  misura superiore al 20 per cento, dei
 limiti  di  accettabilita'  previsti  dalle  tabelle  allegate   alla
 presente  legge,  o  di  quelli  stabiliti  dalla  regione,  ai sensi
 dell'art. 14, secondo comma, si applica la pena dell'ammenda da L. 10
 milioni a L. 100 milioni. Si applica la pena dell'ammenda  da  L.  20
 milioni  a  L.  200  milioni o la pena dell'arresto da due mesi a due
 anni qualora siano superati i limiti di  accettabilita'  inderogabili
 per  i parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile, di
 cui al numero 4) del documento unito alla delibera 30  dicembre  1980
 del  Comitato  interministeriale  previsto dall'art. 3 della presente
 legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 9 del 10 gennaio  1981,
 e di cui all'elenco allegato 1 della delibera medesima.
                             O S S E R V A
    La questione appare rilevante dipendendo dalla risoluzione di essa
 sia  il tipo di istruttoria dibattimentale da svolgere sia la formula
 del dispositivo da adottare all'esito del dibattimento.
    La questione  e'  inoltre  non  manifestamente  infondata  per  le
 seguenti  considerazioni  bene  e  piu'  ampiamente  esposte in altre
 ordinanze di rimessione  alla  Corte  costituzionale  concernenti  le
 norma in oggetto:
      1) l'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976 nel testo ora
 sostituito prevedeva il reato piu' grave e significativo nel contesto
 sanzionatorio della legge predetta, perche' relativo alla fattispecie
 di   maggiore   gravita'   sostanziale   riferibile  all'inquinamento
 dell'ambiente provocato dal superamento dei limiti di  accettabilita'
 di cui alle tabelle allegate alla legge;
      2)   a   seguito   delle   intervenute   modifiche  del  sistema
 sanzionatorio la violazione di obblighi formali non ricollegabili  di
 per  se'  con  un  danno  all'ambiente,  come  l'omessa  richiesta di
 autorizzazione allo scarico e' punita
  ex art. 21,  primo  comma  come  reato  colla  pena  dell'arresto  o
 dell'ammenda,  mentre la fattispecie di ben piu' sostanziale gravita'
 dell'art. 21, terzo comma, come sopra visto, viene punita  di  regola
 come   illecito  amministrativo  ovvero,  salvo  casi  eccezionali  e
 gravissimi,  come  reato  punibile  colla  sola  pena   dell'ammenda,
 inducendo  una  irragionevole  e  illogica disparita' di trattamento,
 confliggente coll'art. 3 della Costituzione, secondo la  quale  fatti
 gravi  vengono  puniti  in modo assai piu' blando di fatti certamente
 piu' lievi;
      3) il citato art. 3 del d.-l.  n.  537/1994  appare  inoltre  in
 contrasto   cogli  obblighi  derivanti  all'Italia  dall'appartenenza
 all'Unione  europea,  che  tra  l'altro  ha   ritenuto   piu'   volte
 insufficiente e inadeguata la normativa ora modificata in senso anche
 piu' permissivo, cio' che sembra contrastare coll'obbligo dello stato
 italiano   di   conformarsi  alle  norme  di  diritto  internazionale
 generalmente riconosciute e cogli impegni limitativi della sovranita'
 nazionale assunte coll'adesione all'Unione  europea,  e  quidi  cogli
 artt.  10  e  11 della Costituzione, la norma in esame sembra inoltre
 violare l'art. 32 della Costituzione che garantisce il  diritto  alla
 salute,  inteso  nella  sua  accezione  piu'  ampia,  comprensivo del
 diritto alla salubrita' dell'ambiente naturale e urbano, e  coll'art.
 41  della  Costituzione,  che  vieta  lo  svolgimento  di  iniziative
 economiche private in contrasto coll'utilita' sociale, mentre  appare
 incompatibile  con  tale  enunciato  la  norma  che  favorisce chi ha
 violato la legge e penalizza invece anche sul piano della concorrenza
 fra le imprese, proprio quelle aziende che hanno affrontato rilevanti
 investimenti per adeguare  i  propri  impianti  alle  esigenze  della
 tutela ambientale.